Il vicepresidente Spirlì scrive al direttore di Libero Vittorio Feltri

Esimio Direttore, prima di scriverLe, ho voluto aspettare che il coro giustamente indignato concludesse la prima fase.

A bocce ferme, come si dice tra anziani giocatori all’ombra dei platani dei giardinetti per pensionati, mi permetto di aprire la fase 2, quella sedata e più spietata. Infatti, è solo “sine pietate” che si può risolvere un caso così drammaticamente ridicolo e tragicamente volgare.

Ho sempre apprezzato il Suo giornalismo cinico e crudo, strafottentemente profondo e politicamente scorretto fino a lambire, anzi inondare, la riva di una intelligente maleducazione.

La Sua penna, infuocata quasi quanto la spada dell’Arcangelo, ha combattuto, e spesso vinto, mille battaglie e, sa, tutte da me condivise. Questa no!

Probabilmente esaltato da socratici comportamenti privati Lei ha ritenuto di poter vestire un intero popolo di ombre che in quel momento attraversavano la sua lucidità.

Non è peccato farsi attraversare, di tanto in tanto, dal maltempo dello spirito: basta farlo rispettando la regola civile dell’auto isolamento.

Come dire, se io, Nino Spirlì, in una giornata disperata volessi affogare la mia noia e i miei dolori in un bicchiere di buon rosso italiano, dovrò curare di non nuocere ad altro che al mio fegato, soprattutto a nessun altro essere vivente o oggetto di pregiata fattura che mi possa essere vicino o comunque che possa essere, anche in modo virtuale collegato con me.

Ecco, inimitabile Direttore, quale avrebbe dovuto essere il Suo comportamento, di qualunque fosse la natura delle sue ombre. E, invece, il suo maltempo personale era in diretta televisiva e la sua volgarità, gratuita e ignorante – sì ignorante – ha attraversato l’etere e ha calato l’ancora nelle case di milioni di Italiani.

Capisco, per usare un termine che spesso Le ho sentito ripetere, Lei se ne strafotte. Io, no!

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I meridionali e i settentrionali, a casa mia, si chiamano Italiani. E, che abbiano l’odore delle valli del Nord o del mare del Sud, son tutti uguali.

Lei ne è la conferma: solo chi sa può riconoscere un pregio o un difetto. I Suoi occhi attenti e la Sua mente arguta hanno fatto parlare la Sua ignoranza che ha riconosciuto altre ignoranze.

La Sua è superiore, perché sa di esserlo.

Le altre, in questo caso, sono veniali. Le auguro per il futuro maggiore lucidità. E qualche mese di terapeutico isolamento mediatico.

Con stima perduta.

Nino Spirlì, vicepresidente della Giunta regionale della Calabria.

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