Da giorni, sia sugli organi di stampa che sui social media, ha trovato largo spazio ed amplissima diffusione la notizia circa l’arrivo “salvifico” in Calabria della Ferrero, multinazionale che – questa la narrazione – determinerebbe la rinascita ed il rilancio della filiera corilicola calabrese. Nell’entusiasmo con cui viene raccontata questa notizia c’è – evidentemente – una condivisibile speranza di riscatto alimentata però da una superficiale conoscenza dei luoghi, della produzione, della filiera, delle strategie di sviluppo già messe in atto e perseguite con determinazione e fatica.
“Il Consorzio della Nocciola Tonda calabrese – si legge in una nota – è stato contattato tre anni fa dalla Ferrero che si apprestava a lanciare il progetto Nocciola Italia ed abbiamo risposto no; lo abbiamo fatto per ragioni che cerchiamo – in questa sede – di rendere note.
In primo luogo la qualità della pianta, i nostri alberi – che ci donano la “Tonda Calabrese” – non hanno le caratteristiche per una produzione ben più intensiva; per gli obiettivi della Ferrero di fatto non basterebbe l’intero territorio vocato alla produzione e ricompreso tra i Comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario.
Qui una storia produttiva che parte dal Regno delle Due Sicilie ha disegnato il territorio e consentito il raggiungimento di una qualità riconosciuta ormai a livello nazionale ed internazionale; il progetto della multinazionale invece richiederebbe grandi distese, una qualità ridotta a fronte di una quantità che sarebbe invece enormemente superiore.
Le nocciole sarebbero poi trasformate fuori, è un meccanismo che conosciamo, che non ha prodotto e non produrrà occupazione relegandoci ad essere non imprenditori ma “coloni” di una logica che non condividiamo”.
“La scelta che abbiamo fatto, e perseguiamo passo dopo passo, è invece quella della qualità e di una trasformazione del prodotto che deve avvenire qui, consentendo alle imprese di strutturarsi ed ai territori di mantenere la propria identità.
I prodotti globalizzati richiedono grandi quantità e le importazioni hanno ad oggetto nocciole che non sono il massimo sotto il profilo della qualità e, a nostro avviso, anche della sicurezza alimentare al punto che ci auguriamo controlli più numerosi ed incisivi.
Noi – come Consorzio di Tutela – abbiamo un sogno che, per fortuna, si sta lentamente trasformando in realtà; abbiamo deciso di puntare sul piccolo imprenditore che intende diventare grande attraverso la qualità del proprio prodotto.
Cosi come abbiamo scelto – in linea con quanto accade in molte altre regioni – di associare alla nocciola i territori, con la loro identità e la loro storia; oggi la logica che produce profitto per i territori ed occupazione per i calabresi è quella che guarda si al consumatore ma lo qualifica al tempo stesso come turista/ospite.
Vogliamo collegare la nostra nocciola ai borghi, ai territori rurali, all’offerta di prodotti, servizi, ristorazione, ospitalità, esperienze all’interno di sistemi più ricchi e complessi che valorizzino comunità e territori.
Ecco perchè, ad esempio, chiediamo da tempo al Ministro Bellanova la convocazione del Tavolo Corilicolo Nazionale e condividiamo per intero le valutazioni espresse del Presidente nazionale “Città della nocciola” Rosario d’Accunto, che sottolinea come la corilicoltura italiana non possa e non debba essere abbandonata alle scelte delle multinazionali”.